Un pò di cultura orientale
Dice Lao Tzu: le armi sono strumenti di morte che l'uomo nobile non ama, egli le usa, ma contro la sua inclinazione importante è il fatto che l'uomo nobile 'usa le armi', e nel miglior modo possibile, ma non ne è schiavo. Questo significa saper “cavalcare la propria tigre” senza esserne divorati.
Il famoso detto cinese “cavalcare la tigre”, oggi divenuto molto famoso anche in occidente, ha una sua spiegazione nella concezione orientale sull'uomo: egli deve riuscire in ogni situazione ad avere il controllo totale delle proprie forze e di quelle della natura per non esserne sopraffatto.
Ad esempio un imprenditore totalmente immerso nei propri affari, tanto da sognarli anche di notte, è senz'altro un uomo che sta cercando di realizzarsi nel proprio campo, ma un imprenditore che dopo il lavoro, per quanto sia stato impegnativo e difficile, sa anche dimenticarlo completamente mentre dipinge suona o legge un libro, è un uomo che sa “cavalcare la propria tigre” cioè è un uomo che sa dirigere le proprie energie senza esserne schiavo. E' una meta difficile da raggiungere, ma la ricompensa vale il tentativo, poiché riuscire ad ottenere la “calma nel movimento” non significa “non impegnarsi”, ma al contrario fare del proprio meglio sapendo poi anche distaccarsi dalle proprie azioni, e questo comporta serenità ed obiettività dove altrimenti vi sarebbero solo ansia e tensione. Cosi nel Tao Te Ching è definito il comportamento dell'uomo saggio:
“Compiuta l'opera egli non rimane e proprio perché non rimane non gli viene tolta”. Ciò significa saper “cavalcare la propria tigre”. Il simbolo della tigre nelle Arti Marziali assume un'importanza estrema.
Nella moralità occidentale i lati negativi dell'uomo, come l'aggressività e la distruttività, vengono repressi a favore delle buone qualità, ma una realtà repressa non per questo cessa di essere reale, anzi, la tigre ignorata e dimenticata nelle profondità dell'individuo continua a vivere ed a rafforzarsi. Spesso si constata come proprio le persone apparentemente più calme e tranquille giungano a esplosioni di rabbia e aggressività di cui loro stessi si stupiscono. La loro calma e tranquillità è dovuta solo a un convincimento morale e non ad una illuminata comprensione della propria intima natura. Così, una tigre ignorata quando esce allo scoperto è senza controllo e distrugge sia sé stessa che chi gli sta intorno. La morale orientale tende ad essere più tollerante verso l'animo umano dando per scontato che esso è composto contemporaneamente sia di tenebre che di luce, di Yin e di Yang, e che non si può fare completamente a meno dell'uno a favore dell'altra.
Da questo punto di vista il miglior comportamento nei confronti di un animale pericoloso con cui si è costretti a convivere è di addomesticarlo. Ecco che le arti marziali allevano la tigre e addirittura migliorano le sue capacità distruttive, ma allo stesso tempo la conoscono e la tengono sotto controllo. Più si è consapevoli e capaci di colpire in modo distruttivo più si abbassa la propria soglia di aggressività perché è la paura che ci fa essere aggressivi mentre lo sicurezza di sè e la conoscenza dei propri limiti favorisce la calma e la ponderazione.
Paradossalmente nelle arti marziali si affronta il male per ottenere il bene. Tutto ciò spiega come in Cina siano i filosofi e i monaci, sia buddisti che taoisti, i principali creatori delle arti marziali, e non i militari, eccetto quei generali illuminati per cui la guerra era l'ultima soluzione e non la prima.